Chi si prende cura di un familiare non autosufficiente è spesso coinvolto in maniera totalizzante nell’assistenza. Il legame affettivo e il senso di responsabilità fanno si che non ci si stacchi mai dal proprio ruolo di caregiver, sia dal punto di vista pratico che psicologico.
La realtà, però, ci insegna che per prevenire condizioni di affaticamento ed esaurimento descritte in letteratura come Burn Out, è assolutamente necessario che il caregiver si prenda un periodo di pausa, sia per se stesso che per gli altri.
Nei periodi generalmente dedicati alle vacanze, come l’estate, sorge sovente il problema di come potersi organizzare per garantire al proprio caro le cure di cui ha bisogno. Molti caregiver inoltre sono reticenti all’idea di lasciare il proprio familiare a casa, si sentono in colpa al pensiero di desiderare relax, riposo e svago escludendolo dalla propria considerazione.
Ciò che spesso è difficile comprendere è che il caregiver ha bisogno di poter ricaricare le batterie, alleggerirsi del carico assistenziale, prendersi cura di sé e della propria famiglia, anche e proprio nell’ottica di poter essere poi in grado prendersi meglio cura del proprio caro. Dopo lunghi periodi di assistenza e accudimento, è essenziale pensare al proprio benessere e fare una sorta di “manutenzione” di sé.
Andare in vacanza è un diritto e un dovere del caregiver, ed un toccasana per tutti, se ci si organizza con la giusta attenzione e per tempo.
Non staremo abbandonando in nostro caro se ci adoperiamo con accortezza e il giusto preavviso a predisporre la migliore situazione possibile.
A seconda della condizione di autosufficienza dell’assistito è possibile valutare diverse possibilità.
Quando lo stato di salute del proprio familiare lo permette, alcuni caregiver scelgono di portarlo con sé, presso una casa di vacanza o una struttura ricettiva, così da non lasciarlo solo e permettere anche a lui o lei di “cambiare aria”. Può essere certamente una buona occasione per passare del tempo piacevole insieme, magari nell’ottica di apprezzare quel che ancora c’è e conservarne il ricordo, probabilmente in condizioni di maggiore serenità per tutti, lontani dalla routine quotidiana. Valutiamo tuttavia l’impatto che potrebbe avere il cambio di ambiente per il nostro caro, che se da una parte potrebbe essere stimolante, dall’altro potrebbe rivelarsi disorientante soprattutto in presenza di decadimento cognitivo. Teniamo anche presenti i bisogni di tutta la famiglia, partner e figli quando ci sono, in modo da non interferire con gli equilibri interni. La convivenza può regalare momenti di gioiosa intimità ma anche essere faticosa ed impegnativa e causa di conflitti.
Più spesso quindi il bisogno di riposo e vacanza si realizza lasciando il familiare a casa, e per poterlo fare senza pensieri e senza il peso della preoccupazione, è necessario organizzarsi nei minimi dettagli per garantire assistenza e sicurezza.
Se i caregiver sono più d’uno, come nel caso di fratelli che si occupano dei genitori, o se si può contare sulla rete dei familiari allargati, è bene prendere decisioni con congruo preavviso. Non è sempre facile mettere d’accordo tutti, ma è necessario poter esprimere con franchezza e chiarezza i propri bisogni, ad esempio il periodo e la durata della vacanza che si intende fare, per poter stabilire con certezza turni e compiti, così che ciascuno sappia di aver preso un impegno e possa garantire che venga rispettato, in un’ottica di equità e collaborazione.
Quando ciò non è possibile, o c’è bisogno di assistenza specializzata, possiamo rivolgerci a figure professionali, che potranno sostituire per il tempo necessario il caregiver, con una presenza diurna o fissa. Anche in questo caso è bene muoversi con largo anticipo, per poter individuare la persona giusta e preferibilmente permetterle di conoscere e familiarizzare con il proprio caro.
Non sempre questa opzione è facile da accettare, se già non è presente nella routine una figura esterna alla famiglia, per una comprensibile resistenza nei confronti di “estranei” e di rigidità spesso tipica delle forme di demenza che non ne riconoscono il bisogno. In tal caso è fondamentale parlare col proprio familiare, rassicurarlo ma anche ribadire con fermezza il proprio bisogno di vacanza.
In situazioni di maggior complessità e non autosufficienza esiste la possibilità di prendere in considerazione i cosiddetti “soggiorni di sollievi” offerti da strutture assistenziali che offrono opzioni di ricovero temporaneo con la garanzia di continuità terapeutica.
E cosa fare quando i caregiver sono genitori di figli disabili o con malattia cronica? Quando i bambini sono piccoli è importante poter contare sull’aiuto dei congiunti e familiari. Anche brevi momenti di svago per la madre o il padre sono fondamentali. Organizzare le vacanze “lunghe” di famiglia diventa un’esigenza ancora più importante e doveroso individuare soluzioni individualizzate e alla portata di tutti i componenti. Scegliere il tipo di esperienza, valutare il luogo, ricercare la struttura ricettiva attrezzata per garantire a ciascun membro massimo comfort significa considerare bisogni e limiti di ognuno e rispettarli.
Quando i ragazzi sono più grandi e man mano che diventano adulti potrebbero essere loro ad andare in vacanza partecipando a soggiorni terapeutici garantiti da personale medico, figure riabilitative ed educatori.
Quale sia la soluzione più adatta alla propria situazione è importante che il caregiver possa partire in piena tranquillità, sapendo di aver predisposto per il proprio caro tutto il possibile per garantirgli sicurezza e cura, senza tralasciare i suoi bisogni ma sapendo di potersi legittimare i propri.
Prendersi una pausa dal lavoro di cura non significa abbandonare poiché in fondo dalle relazioni non si va mai in vacanza, tuttavia, ricordiamoci che non possiamo pensare di prenderci cura di qualcuno senza prenderci cura di noi stessi.