Negli ultimi tempi si parla molto di cultura aziendale e di quanto sia importante occuparsi di questa dimensione per favorire un miglioramento nel lavoro dell’organizzazione. Miglioramento a più livelli che ha come fine essere un’azienda leader nel proprio settore o nella propria nicchia.
Come abbiamo visto nell’articolo sul benessere digitale, ormai la tecnologia riguarda vari ambiti della nostra vita professionale e privata e quindi porta con sé una certa cultura di utilizzo. Ci sono regole dette e non dette nei contesti aziendali per esempio sui tempi di risposta a messaggi e mail, sulla reperibilità nell’arco della giornata e su quali comportamenti d’uso dei sistemi di comunicazione digitali siano rinforzati e quali meno.
Il punto di partenza di questa riflessione dunque riguarda la necessità di inglobare il digitale quando a livello aziendale si desidera lavorare sulla propria cultura organizzativa. Inglobare il digitale significa pensare a quale tipo d’uso dei tool tecnologici ci aspettiamo che le persone si riferiscano.
Perché avere una buona cultura digitale
Microsoft ha svolto una ricerca nel 2018 sulla cultura digitale nei luoghi di lavoro rilevando come nelle aziende con una scarsa cultura digitale, introdurre nuova tecnologia fosse deleterio per l’engagement delle persone. Il 2020 è stato un anno di enorme adoption di nuove tecnologie sopratutto nei luoghi di lavoro e non sempre queste azioni sono state accompagnate da altrettanta attenzione alla creazione di una cultura d’uso di questi strumenti. Sicuramente le circostanze emergenziali non hanno aiutato il management aziendale a fermarsi per prendere decisioni ponderate. Ora però è il momento di aggiustare il tiro e sistemare ciò che non è stato possibile fare prima.
Cultura digitale & focus
Uno studio fatto da McKinsey nel 2012 rileva come i lavoratori della conoscenza in media trascorrano più del 60% del monte ore settimanale impegnati in comunicazioni elettroniche e ricerche su internet, arrivando a quasi il 30% del tempo dedicato alle email. Negli ultimi 9 anni il nostro uso di internet e mail è sicuramente aumentato quindi il dato che già era alto nel 2012, ora è cresciuto.
D’altra parte il deep work, ovvero la capacità di svolgere attività professionali in uno stato libero da distrazioni e quindi alta concentrazione grazie a cui sviluppare le nostre capacità cognitive, viene anche definito il superpotere del XXI secolo. Per chi volesse approfondire questi temi consiglio “Deep Work” di Cal Newport.
La capacità di mantenere il proprio focus su un determinato compito non è innata ma va appresa e può essere allenata. Prendendo una metafora buddista, la nostra è una monkey mind ovvero una mente che saltella da un pensiero all’altro talvolta in modo confuso e quindi non concentrato. Mantenersi focalizzati è una capacità da apprendere ma la notizia positiva è che proprio grazie alla plasticità del nostro cervello, ci si può lavorare. Il digitale oggi non aiuta a mantenere il focus su un compito alla volta e ci induce a lavorare in modalità multitasking, modalità non produttiva.
Cultura digitale & memoria
La seconda capacità cognitiva che prendiamo in esame qui è la memoria in quanto è importante nello svolgimento di molti lavori, specialmente quando ci riferiamo ai knowledge workers.
La nostra capacità di elaborare degli stimoli e immagazzinarli è finita, ha un limite. La memoria di lavoro è uno spazio di lavoro utilizzato per manipolare e combinare l’informazione non meno che per conservarla. Al contrario la memoria a lungo termine è un magazzino a capacità illimitata.
Perché l’informazione possa essere trasportata dalla memoria di lavoro (di durata e spazio limitato) alla memoria a lungo termine (magazzino senza fondo) ci vuole un processo di elaborazione che richiede la nostra attenzione e concentrazione. Per utilizzare una metafora è come voler riempire una buca enorme (memoria a lungo termine) di sabbia (granelli di informazione) con un bicchiere (memoria di lavoro) che riempiamo da una cascata di sabbia e utilizziamo per arrivare alla buca. Se tentiamo di riempire perennemente il bicchiere di sabbia senza prenderci il tempo di svuotarlo nella buca, necessariamente ci sarà una dispersione di granelli. Oggi quando navighiamo online siamo inondati da granelli di sabbia costantemente e se non siamo efficaci nel selezionare quali vogliamo inserire nel nostro bicchiere per poi riempire la buca, rischiamo di disperdere energia ed essere sovraccaricati.
E così caschiamo nel Goggleheimer, dall’unione di googlare e Alzheimer, fenomeno che descrive la situazione in cui vogliamo cercare un’informazione su Google, prendiamo in mano il telefono ma a quel punto ci siamo già dimenticati cosa volevamo cercare.
Inserire o meno linee guida formali
Per poter agire sulla cultura digitale in azienda e quindi aiutare le persone a trovare modalità d’uso sane ed efficaci il primo livello su cui lavorare è quello di avere dei valori di base, delle linee guida che vengano manifestati alle persone.
Qui abbiamo preso in esame due aspetti cognitivi impattati dalla cultura digitale: focus e memoria. Ma il discorso è molto più ampio infatti tocca aspetti come: il work-life balance, la soddisfazione lavorativa, l’engagement e lo stress.
Io mi sono trovata a lavorare con aziende reticenti ad inserire norme tipo “Nessuna comunicazione fuori dall’orario di lavoro ai propri colleghi” oppure “Rispetta il tuo collega se sulla chat aziendale appare come occupato, sta lavorando su qualcosa che gli richiede concentrazione”. E poi ho trovato altre aziende più propense a fornire alle persone dei decaloghi da seguire per rispettare il proprio e l’altrui spazio di lavoro e produttività.
La regola che in assoluto funziona per tutti non esiste. Il punto su cui vi invito a riflettere qui è che in contesti in cui la cultura digitale è sempre stata quella dell’always-on, rispondere a qualsiasi ora e interrompere i colleghi, il cambiamento non avviene facilmente. E in questi casi può essere facilitato da linee guida chiare che rispecchino i valori aziendali e che vengano messe in atto in ogni occasione possibile.
Il ruolo della leadership
Il secondo aspetto su cui lavorare per inserire una cultura digitale sana nella propria azienda è quella di lavorare sulla dirigenza. Il modo in cui si comporta la leadership aziendale rispetto all’uso del digitale favorisce o meno una buona cultura digitale. Avere, per esempio, un team leader o il management che invia mail a qualsiasi ora della notte, da un messaggio alla popolazione aziendale rispetto alle aspettative che si hanno su di loro. Questi tipi di comportamenti hanno necessariamente un impatto sui livelli di stress delle persone e quindi burn-out. Quindi un lavoro che accompagni i livelli dirigenziali ad agire scelte consapevoli e intenzionali d’uso del digitale è importante.
In conclusione, creare una cultura digitale sana in azienda è importante vista la pervasività della tecnologia nelle nostre vite. Il come farlo dipende molto dal punto in cui l’azienda è e dove vuole andare. In ogni caso con percorsi di formazione, coaching e consulenza questo è possibile.