Concetto molto diffuso negli ultimi anni trova sempre più spazio in diversi contesti, dalle aziende multinazionali che per prime hanno introdotto pratiche di mindfulness per i loro dipendenti (Google, Twitter, Intel, ecc.) a tutti i settori che toccano in qualche modo il benessere psicofisico delle persone.
La mindfulness si è sviluppata a partire dagli insegnamenti delle meditazioni di tradizione buddhista, adattati poi alla società occidentale. Insegnamenti che hanno una storia millenaria e, al di là della componente religiosa, hanno ad oggi un ampio riscontro scientifico rispetto ai benefici della pratica. La mindfulness non prevede infatti che chi vi si avvicina debba diventare buddhista. E’ una pratica laica che riprende concetti in realtà universali e spesso trasversali a diverse correnti religiose.
Ma cos’è e cosa significa?
Nello specifico, il termine mindfulness è la traduzione inglese della parola “sati”. Questo termine, in lingua pali, significa “attenzione consapevole”, è l’abilità di mantenere svegli la mente e il cuore, guardare le cose che appaiono qui e ora, senza giudizio.
La definizione ormai classica è quella data da JonKabat-Zinn, professore di medicina presso la University of Massachusetts Medical School, che ha sperimentato a lungo e validato queste pratiche. La definisce attraverso queste parole: «mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare: con intenzione, al momento presente, in modo non giudicante».
Soffermandoci ad analizzare questa definizione scorgiamo sin da subito che l’approccio è proattivo, devo avere un’intenzione, la volontà e l’energia di muovermi verso la consapevolezza; la capacità di osservare ciò che accade (di positivo e di negativo) senza giudicare. Senza giudicare in primis se stessi per ciò che si prova e si pensa, per esempio.
L’attenzione consapevole che viene attivata attraverso le pratiche di mindfulness permette di risvegliarsi dagli automatismi e consente, alle persone che la praticano con costanza, di godere appieno delle proprie potenzialità, di migliorare il proprio benessere nella vita di tutti i giorni. Sì, perché la mindfulness è uno stile di vita.
L’aspetto fondamentale sottolineato sempre all’interno dei corsi è che non è sufficiente restare seduti sul cuscino o sulla sedia con le migliori intenzioni, per approcciarsi al mondo con consapevolezza occorre portare ciò che sperimentiamo e ciò che apprendiamo nella vita di tutti i giorni: al lavoro, in famiglia, nell’approccio con noi stessi.
Le pratiche di mindfulness sono state inizialmente utilizzate da Kabat-Zinn, praticante esperto, nella cura del dolore cronico e da subito emergono i primi risultati nella riduzione dei sintomi.
Da questi studi e osservazioni sono stati poi creati protocolli specifici, validati da numerose ricerche scientifiche, per diverse patologie, dalla depressione ai disturbi compulsivi. Il più famoso e diffuso è quello legato alla riduzione dello stress, conosciuto come MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction).
Benefici e ricerche scientifiche
Se cercate la parola “mindfulness” all’interno del portale PubMed (famoso portale di letteratura scientifica) trovate più di diciottomila risultati, se digitate generalmente la parola su Google usciranno 129.000.000 risultati. Segno del grande interesse che sta riscontrando negli ultimi anni, tanto che le ricerche scientifiche sul tema hanno visto un incremento numerico esponenziale dalla metà degli anni 2000.
Quali sono i risultati di queste ricerche?
Le ricerche scientifiche che si occupano di verificare l’efficacia della mindfulness ci suggeriscono che la pratica della consapevolezza porta a cambiamenti significativi nei domini delle funzioni cognitive quali l’attenzione, la memoria e le funzioni esecutive e a modifiche importanti nelle attitudini, nella sfera emotiva, relazionale e sociale.
I cambiamenti e le modifiche che accadono avvengono se si pratica con costanza ma i primi risultati si possono scorgere già dopo poco tempo.
Un classico percorso di mindfulness porta a un significativo sviluppo di accettazione, apertura, sospensione del giudizio, autocompassione e a una riduzione delle ruminazioni mentali (Raes e Williams 2010, Martin-Ausero et al. 2010, Baer et al. 2006); alla minore reattività emozionale e, infine, al mantenimento della propria capacità valutativa anche in situazione di stress. Si genera anche un miglioramento della memoria a breve termine (McVay et al. 2009, Redick et al. 2006).
Già dalle prime settimane di pratica è stato osservato che aumenta la capacità di dirigere volontariamente l’attenzione alle esperienze del momento presente. Migliorano, infatti, diversi aspetti dell’attenzione: aumenta l’attenzione selettiva, intesa come capacità di concentrarsi sull’oggetto di interesse e di elaborare in modo privilegiato le informazioni rilevanti per il raggiungimento dei nostri scopi; l’attenzione esecutiva, che riguarda il controllo volontario del comportamento cognitivo e motorio e, infine, anche l’attenzione sostenuta, che è la capacità di mantenere l’attenzione su eventi salienti per un certo periodo di tempo (Chiesa et al 2011, Segal et al. 2002, Kabat-Zinn 1990).
Nella corteccia cerebrale di meditatori esperti è stata rilevata una maggiore attivazione della corteccia cingolata anteriore (ACC) rispetto ai gruppi di controllo (Holzel et al. 2007). Questa zona della corteccia è correlata a:
(Allman, Hakeem, Erwin, Nimchinsky e Hof, 2001; Corrigan, 2004)
La pratica di Mindfulness è correlata con un incremento di attività nella corteccia mediale pre-frontale e con una simultanea diminuzione di attività nell’amigdala durante un compito di etichettamento emotivo. L’amigdala infatti gestisce le emozioni, confronta le esperienze passate, è come un “archivio” della memoria emozionale ed è associata alla paura e all’ansia.
La meditazione in generale può aumentare il benessere grazie ad un miglioramento delle risorse personali. Barbara Fredrickson nel 2008 ha valutato un percorso di mindfulness orientata alla gentilezza e all’amorevolezza e ha trovato nei partecipanti un aumento di emozioni positive e di soddisfazione della propria vita e delle proprie risorse personali (https://www.progettogaia.eu).
Come si pratica la mindfulness
Occorre precisare che praticare la mindfulness non ha l’obiettivo di svuotare la mente e di scacciare i pensieri, le emozioni o le sensazioni che percepiamo, ma, al contrario, è un diverso modo di vivere l’esperienza che ci sta accadendo.
Si possono distinguere due modalità di pratica: la pratica formale e quella informale.
La prima consiste nello stabilire un tempo e si decide quale tipo pratica svolgere. Posso seguire una meditazione guidata oppure, se non sono un principiante, posso guidarmi da solo. Di solito ci si siede su un cuscino o su una sedia.
E poi c’è tutto il resto: la nostra quotidianità, ed è proprio nella vita di tutti i giorni, in ogni gesto che compiamo che possiamo mettere in atto la cosiddetta pratica informale.
Per esempio, per iniziare si può scegliere di fare consapevolmente qualcosa che eseguiamo in automatico, in cui di solito non prestiamo particolare attenzione, per esempio lavarsi i denti, fare il caffè, guidare l’auto, scrivere una mail o rispondere al telefono: tutti gesti che spesso compiamo in automatico e sovente in parallelo con qualche altro gesto.
Esistono poi altre tipologie di pratica come per esempio quelle di consapevolezza in movimento, di consapevolezza del cibo, ecc.
Una pratica da sperimentare
Se vuoi provare una breve pratica formale, puoi seguire questi punti (per tenere il tempo puoi mettere una sveglia conteggiando 5 minuti, in questo modo non dovrai preoccuparti di controllare l’orologio):
Bibliografia e sitografia
https://www.progettogaia.eu